La mamma di Andrea Pazzelli: «Mio figlio in coma 24 anni, per accudirlo abbiamo lasciato il lavoro»

La mamma di Andrea Pazzelli: «Mio figlio in coma 24 anni, per accudirlo abbiamo lasciato il lavoro»
La mamma di Andrea Pazzelli: «Mio figlio in coma 24 anni, per accudirlo abbiamo lasciato il lavoro»
di Daniel Fermanelli
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Domenica 28 Aprile 2024, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 07:15

PIEVE TORINA Una storia drammatica, che tocca le corde dell’anima. Un esempio d’amore infinito, incondizionato. Quell’amore da cui Giuseppe Pazzelli e la moglie Giuliana Turchetti hanno trovato la forza di dedicarsi per 24 anni, giorno e notte, al loro figlio Andrea, in stato vegetativo dal 2000, quando rimase coinvolto in un drammatico incidente stradale. Il suo cuore ha smesso di battere giovedì scorso, nel giorno della Liberazione, all’ospedale di Camerino, dove era stato ricoverato domenica a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni.

Lo schianto

Il 25 giugno del 2000 Andrea, all’epoca 24enne, stava andando con tre suoi amici a Serravalle di Chienti per mangiare una pizza in compagnia.

All’improvviso, l’auto su cui viaggiava si è scontrata contro una macchina che proveniva in senso opposto. Tre si sono salvati, Andrea, invece, non si è più ripreso. Quando aprì gli occhi, dopo venti giorni di agonia, tutti gridarono al miracolo. Da allora, purtroppo, non ce ne sono stati altri. È rimasto in stato vegetativo fino alla morte, all’età di 48 anni.

Il racconto

«È sempre stato con noi a casa a Pieve Torina. Abbiamo allestito una stanza tutta per lui, con un letto speciale e un respiratore - racconta con la voce rotta dalla commozione la mamma Giuliana -. Nel 2001, per stargli vicino, sia io che mio marito abbiamo lasciato il lavoro. Io ero dipendente alla Varnelli, Giuseppe faceva il muratore per l’impresa Resparambia. Ad Andrea abbiamo dedicato la nostra vita e le nostre energie. Perché lo abbiamo fatto? La risposta è semplice: per amore. Il sentimento che un genitore prova nei confronti di un figlio ti fa superare tutte le difficoltà, anche se sembrano insormontabili. Per noi è stata una cosa naturale». Andrea ha trascorso in stato vegetativo metà esatta della sua esistenza. Il suo sguardo ha sempre continuato a fissare il soffitto. Uno sguardo drammaticamente perso nel vuoto. Ma i suoi occhi hanno incrociato quelli di mamma Giuliana e papà Giuseppe ogni giorno, quando si avvicinavano a lui per accarezzarlo e baciarlo. Una storia che fa riflettere, mentre a livello nazionale continua a tenere banco il dibattito sul fine vita.

«L’eutanasia? Mai e poi mai - afferma ancora con decisione Giuliana -. Siamo cattolici e un figlio, seppur nelle condizioni di Andrea, non si può lasciare morire. Questo è il mio pensiero, ma a chi ora si trova nella nostra stessa condizione non mi permetto di dire niente. Sono questioni personali, bisogna sempre avere rispetto. Noi all’inizio sognavamo un miracolo, ci aggrappavamo a una flebile speranza. Poi con il passare degli anni ci siamo rassegnati alla dura realtà dei fatti, ma nonostante questo, nemmeno mezzo secondo abbiamo pensato che stavamo facendo qualcosa di sbagliato. Un figlio merita di essere amato, sempre e comunque».

Subito dopo l’incidente vennero anche organizzate iniziative di solidarietà per sostenere la famiglia. Immensi sacrifici, pure economici, da parte di Giuseppe e Giuliana, che anticipando la pensione e in parte con i soldi del risarcimento, sono riusciti a sostenere le ingenti spese per le cure e l’assistenza del loro figlio. Tutto quanto per amore. Solo per amore.

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