Il sociologo Carboni: «L’astensionismo dipende dalla scarsa offerta politica»

Carlo Carboni Docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro Università Politecnica delle Marche
Carlo Carboni Docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro Università Politecnica delle Marche
di Martina Marinangeli
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Lunedì 6 Maggio 2024, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 7 Maggio, 06:51

Carlo Carboni, sociologo e già docente di Sociologia economica all’Università Politecnica delle Marche: le ultime consultazioni elettorali hanno visto prevalere il partito dell’astensionismo. Un trend che potrebbe peggiorare nel voto per le Europee: qual è la causa di questa disaffezione?

«L’astensionismo dipende dalla qualità dell’offerta politica e, sul lungo periodo, dalla deriva politica a cui si aggiunge la scarsa fiducia verso i partiti».

Come si inverte la rotta?

«Il mio invito alla politica è di iniziare a discutere seriamente di queste elezioni Europee, piuttosto che di candidature. La politica deve rendere interessante questa consultazione, facendo capire ai cittadini quanto importante e delicato sia questo momento per l’Europa».

Il rinnovo del Parlamento europeo è tradizionalmente visto (a torto) come molto distante dalla quotidianità delle persone: come convincere i cittadini che non è così?

«Ci deve essere un’opinione pubblica di qualità e arricchita. Bisogna fare un appello affinché i cittadini si rechino al voto».

Basterà?

«L’astensionismo riflette un disimpegno sociale alla partecipazione alla sfera pubblica.

L’individualismo di corto raggio ci porta a ripiegarci sui nostri problemi quotidiani. Astenersi non è puro riflesso della deriva politica e della scarsa qualità dei progetti prospettati dai partiti, ma anche di una certa indifferenza rispetto alla sfera pubblica. Anche il progetto dell’Europa risente di questo sganciamento».

Abbiamo fatto l’Europa, ora facciamo gli europei.

«L’Europa necessita di una politica estera e di una difesa comune, ma anche di una politica sanitaria condivisa, di una convergenza in politica fiscale, di una big tech europea. Questa è la via per dare concretezza a un traguardo di unità federale. Ma l’Europa manca di coraggio».

Se si scende sotto la soglia (non così lontana) del 50% di votanti, ha ancora senso parlare di democrazia?

«C’è un’involuzione dovuta sia alla classe dirigente che a noi stessi. Speriamo nelle nuove generazioni».

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