La voce poche volte mente, tra i saliscendi dei toni e le note che raggiunge. Difficilmente inganna e racconta cose che non sono; è sincera nel suo vibrare, brillante nell'accendersi guardando al futuro e spontanea nel commuoversi tornando indietro. Non tradisce la voce ed è tutta trasparente, persino quando un pizzico di emozione ne colora le sfumature anche solo a sfiorarlo, il vaso dei ricordi. Ad aprirlo quello scrigno di bei momenti e attimi passati, il timbro di Primo Tacchetti, neo nominato maestro del lavoro e trent'anni passati come segretario di zona della Coldiretti, si illumina con i colori pastello delle foto d'epoca e con i toni accesi di una passione intensa e viscerale per la terra, che è lavoro, che è impegno, che è soddisfazione: che è vita.
La campagna
È sempre stato così per lui, figlio della campagna e della periferia rurale di Fermo, dove è nato nel 1952 e in cui è cresciuto, tra legami potenti e vincoli strettissimi. Il primo e più forte è quello del suo nome: «Mi chiamo così in onore di un mio vicino di casa, che era un bimbo di una decina d'anni quando sono venuto al mondo io e già faceva la sua parte in campagna, dando una mano ai grandi di casa», spiega. Non poteva che trasformarsi in un bell'auspicio, quel nome così nato: «Gli anni della mia infanzia erano quelli in cui, finito l'impegno scolastico, si correva a casa e si dava una mano come si poteva - chiarisce - così ogni giorno, dopo le lezioni mattutine nella scuola elementare in campagna con la maestra Gemma, mi davo da fare e aiutavo mia madre e mio padre».
Il sostentamento
«All'epoca, il sostentamento della mia famiglia erano un pezzo di terra da coltivare e un piccolo allevamento di bovini: una risorsa preziosa per un bel nucleo di dieci persone, in cui ognuno faceva la sua parte, piccolo o grande che fosse. L'età anagrafica era solo un dettaglio: si andava tutti a lavorare nei campi e si cominciava prestissimo a respirarne l'aria, come ho fatto io, che in campo ci andavo da neonato nella cesta assieme a mia madre. L'agricoltura di quei tempi era un'attività fisica, del tutto manuale. Il lavoro dei campi era sudore, era rassegnazione e pazienza. Ma significava anche condivisione, allegria e compagnia, quando per i lavori più faticosi ci si riuniva tutti quanti e si chiamavano a raccolta anche i vicini, perché insieme il lavoro fisico diventava meno estenuante e, nella condivisione, le braccia doloranti e la schiena affaticata trovavano sollievo».
I ricordi
La voce di Primo si fa così allegra e si accalca, si espande, si fonde ai rumori gioiosi che affollano la memoria, ora che tornano a galla i ricordi «dei primi Sanremo visti insieme, a casa nostra, tutti seduti davanti alla tv.